Il nostro paese ha corso per mettersi in regola raggiungendo il primo obiettivo: 4 chili di raee (rifiuti elettrici ed elettronici) per abitante. Peccato che nel frattempo l’Unione europea (che è a una media di 7 chili pro capite) sia andata avanti e abbia fissato obiettivi più ambiziosi. E a Roma si fa il punto sullo sviluppo sostenibile
di ANTONIO CIANCIULLO
ABBIAMO una miniera che contiene oro e terre rare, quelle impiegate in molte applicazioni hi-tech, ma l’abbiamo dimenticata. E questa disattenzione ci costa un miliardo di euro l’anno. Sono soldi che buttiamo via assieme a una montagna di oggetti con parti elettriche ed elettroniche: 800 mila tonnellate l’anno per il circuito domestico (frigo, monitor, computer, lavatrici, tv, piccoli elettrodomestici, lampadine) a cui si devono aggiungere frigoriferi industriali, condizionatori di uffici, pannelli fotovoltaici, sistemi di illuminazione pubblici.
Negli ultimi anni l’Italia ha corso per mettersi in regola raggiungendo il primo obiettivo: 4 chili di raee (rifiuti elettrici ed elettronici) per abitante. Peccato che nel frattempo l’Unione europea (che è a una media di 7 chili pro capite) sia andata avanti e abbia fissato obiettivi più ambiziosi che comprendono tutti i rifiuti elettrici ed elettronici, non più solo quelli domestici. Entro il 2016 si dovranno raccogliere 45 tonnellate di raee per ogni 100 tonnellate di nuovi apparecchi elettronici immessi sul mercato, nel 2019 si arriverà a 65 tonnellate. Questo significa per l’Italia passare dai 4,2 chili per abitante ai 14-16 previsti per il 2019, quando il mercato, dopo la flessione di questi anni, dovrebbe essere tornato a crescere.
Ma oggi su poco meno di 15 chili per abitante di raee prodotti, solo 5 passano dal Registro Nazionale. Altri 5 viaggiano attraverso il cosiddetto “canale informale” (società non iscritte ai consorzi) e quindi non sono tracciabili. Il resto semplicemente svanisce nel nulla. Ce la faremo a recuperare quadruplicando in 6 anni la capacità di raccolta per passare da 4 a 16 chili pro capite?
E’ la domanda attorno a cui ruota il convegno “Crescita verde e nuovi posti di lavoro” organizzato per domani a Roma da ReMedia, uno dei consorzi di riciclo dei raee, e dalla Fondazione per lo Sviluppo sostenibile. “L’Italia ha dato prova di vitalità in questo settore passando dalle 160 mila tonnellate raccolte e trattate nel 2008 alle 250.000 tonnellate del 2012”, risponde Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. “Ma certo la strada è lunga e bisogna attrezzarsi bene per arrivare al traguardo. Un elemento essenziale sarà la capacità di dare ulteriore impulso all’industria del riciclo che offre buone potenzialità per nuovi posti di lavoro”
“Entro il 2020 l’Europa punta ad essere l’area economica più avanzata nello sviluppo di una moderna società del riciclo”, aggiunge Danilo Bonato, direttore di ReMedia. “E per ottenere questo obiettivo stanzierà oltre 3 miliardi di euro nell’ambito del programma quadro per l’innovazione, chiamato Horizon 2020. La possibilità di utilizzare in modo più efficiente e sostenibile le risorse naturali dipende anche dalla capacità che avremo di migliorare gli attuali sistemi di raccolta e gestione dei rifiuti, creando valore aggiunto per il nostro sistema economico. Solo nel settore del riciclo dei raee il fatturato può crescere di 300 milioni di euro entro 7 anni”.
Fonte: repubblica.it